Racconti

UNA STORIA BELLISSIMA - DI MARIO PUCCI

Era il Febbraio 1971, una sera d'inverno, e giocavamo a carte nel bar di mio padre. Faceva freddo, molto freddo. Mancavano pochi giorni per il martedì grasso. Qualcuno ebbe l'idea di voler partecipare ai festeggiamenti carnevaleschi! Settuzzo Bernardo andò subito a rovistare nella sua sartoria per trovare modelli adatti ad una sfilata. Li trovò, e fu davvero una cosa splendida! Erano modelli di frac, e riecheggiavano le note di una famosissima canzone di Domenico Modugno.. L'indomani, Settuzzo prese le misure a tutti i partecipanti mentre Alfonso Marozzo aveva già fatto con del cartone, dei cilindri dipinti di nero.
Nacque così la famosa "Banda della Racchia"! Avevamo trovato tutti gli strumenti: tromboni, piatti, grancasse, sassofoni, tamburi e tamburelli, armoniche, bassi, violini, fisarmoniche e quant'altro.. Passarono tantissimi anni (dal 1971 al 2006) e noi sempre a divertirci e fare divertire. Ottenemmo sempre strepitosi successi, sia per le tante commedie e farse rappresentate, sia per il nostro splendido ed immenso repertorio canzonettistico. Sarebbe davvero bello se tutti noi, un giorno, ci ritrovassimo "sotto un manto di stelle", in riva al mare, sul Castello, col sorriso della luna o, semplicemente, in Piazza Plebiscito (a chiazza suttana), per abbracciarci e riproporre di nuovo tutto!!

VIVA LA "RACCHIA" - MARIO PUCCI

MARIO PUCCI è nato ad Aiello Calabro (CS) nel 1949.Si è laureato in Filosofia presso l'Università "Federico II" di Napoli. E' docente ordinario di Storia e Filosofia presso il liceo scientifico "Scorza" a Cosenza. Ha partecipato a diversi concorsi letterari, classificandosi sempre tra le prime posizioni. Tra gli ultimi, ha vinto il Primo Premio al concorso nazionale di poesia "G.Bendicenti", organizzato dal Comune di Rogliano. E' anche autore di farse e commedie. Suoi scritti e poesie sono apparsi su "La Gazzetta del Sud", "Diapason", "Oggi Famiglia", "Nuova Comunità". Ha pubblicato, nel 2001, il libro "Il Gioco del Tempo".

E' dalla seconda metà del settecento che si afferma l’idea della scelta lavorativa come attività elettiva e promotrice e non negatrice della libertà. E' giusto da questo momento in poi che si guarda al lavoro come progetto salvifico e di emancipazione dell’uomo. E' con questi tratti essenziali che si è scritto (si è cominciato a scrivere) un diverso senso della storia. e così, dal valore del lavoro si è passati al diritto, non come negazione dell’attività ma come riconoscimento di libertà e poi di diritti. Da qui anche, la nascita della libertà di sciopero e l'ascesa di un movimento sindacale che entra nelle fabbriche  e negli ambienti di lavoro per compiere battaglie - alle quali oggi dobbiamo guardare con ammirazione. 

E' con questi elementi che si è chiuso il secolo scorso, il secolo del Lavoro. 

con questi stessi tratti, tuttavia, non si è aperto quello seguente. 

Nel giro di poco tempo, quasi in un batter di ciglia, si è assistito al massacro dei diritti individuali e collettivi; si è diventati spettatori di una trama in cui il soggetto più fragile e bisognoso di protezione e cure è risultato essere nient'altro che l'azienda, la quale come entità (produttrice di ricchezza) avrebbe meritato, più di altri, di essere salvaguardata e tutelata. da qui, una carrellata (meglio sarebbe parlare di abbuffata indigesta) di normative (più volte corrette anche per interventi saggi e puntuali della Corte costituzionale) sperimentali contenenti nel proprio DNA la matrice del fallimento. 

In questo baratro più buio del notte, scritture, cancellazioni e riscritture di una serie di norme, tra le quali spunta, su tutte, la querelle sorta a proposito del fenomeno delle dimissioni in bianco.

siamo diventati così scarsa merce di scambio (non a caso viviamo ai tempi del c.d. mercato del lavoro) che siamo arrivati a doverci svendere al miglior offerente e a "licenziarci" dal lavoro al solo cenno del datore al quale in cambio di un periodo di lavoro siamo costretti a dire "signor sì, mi dimetto quando a lei più aggrada". 

E a ciò, per la serie al peggio non c'è mai fine, si sono aggiunte, "strada facendo", una serie di altre norme ad hoc e casi concreti di "contrattazioni" collettive che hanno fatto perdere valore (abbassando al di sotto del prezzo rispettoso della dignità umana) al Lavoro, quello pensato nel 1946 e saggiamente descritto, in più occasioni, da Piero Calamandrei.

"Sono traversie", mentre per qualcuno, "sono opportunità"...

Ebbene, bisognerà capire, facendo uso dell'onestà intellettuale di cui ciascuno dispone, per chi, oggidì, sono create realmente tutte queste "opportunità"... 

Ai nostalgici di tempi futuri e migliori, la mission di "invertire la rotta che l'Imperatore del 2011 e i suoi collaboratori" hanno pensato (male) e deciso poi di intraprendere da qualche tempo a questa parte.

ANNA ROTA
Anna Rota. giovanissima laureata in Giuriprudenza presso l'Università degli studi di Pisa e dottoranda a Bologna in Diritto del Lavoro, è una Calabrese fiera e doc. Amica del comune di Aiello Calabro, con i cui amministratori vige assoluta stima reciproca, esprime e manifesta sovente, anche sfruttando le piattaforme più moderne quali il soial network FACEBOOK, il disagio di una generazione ormai per nulla ascoltata e che non si rivede più neanche, e soprattutto, nel primo articolo della nostra Costituzione.

Una lettera scritta nel momento del dolore, perché ci sono amori che oltrepassano qualsiasi confine di razionalità, che uniscono anziché dividere e che non si spengono mai e poi mai.

Una famiglia, tre retrocessioni, due fallimenti. Questi sono i Pagliuso negli almanacchi del Cosenza Calcio 1914, Questi sono i nemici del Cosenza Calcio 1914; Dopo il 2003 dovremmo aggiornare il nostro diario di bordo e scrivere un’altra data: 2011. Tutto già visto, un copione già scritto addirittura l’estate prima, quando i cavalieri della distruzione facevano capolinea alle telecamere sorridenti con la loro spavalderia e disonestà. Detto, fatto; erano già pronti contratti milionari da proporre ai calciatori. “Serie B, Serie B” nelle orecchie dei più lussuriosi, giornalisti già pronti a vendere se stessi e il proprio lavoro per entrare a far parte dell’arem dei più fidati, e non importa se le parole e le promesse si sarebbero trasformate in realtà.

Caro il mio Lupo, devi aver sofferto tanto in quest’ultimo anno, chissà quanto hai tribolato. Picchiato, massacrato, violentato, deriso e poi abbandonato mentre sanguini e perdi, minuti ogni minuto, anzi, giornata dopo giornata la tua grinta, la tua voglia di vivere e piano piano ti si appanna anche la vista, lo sguardo sempre più nel vuoto fino all’arrivo della morte. Finalmente! hai finito di soffrire, sono 21 lunghi anni che ti amo, eppure alla notizia della tua morte il cuore si è rasserenato. Eravamo tutti rassegnati, la passività della classe imprenditoriale che è brava solo a fare chiacchiere e a prendersi a schiaffi nel momento in cui si deve passare ai fatti, non era che il contorno di una disgustosa scenetta. Te ne accorgi subito della rassegnazione delle persone, basta camminare x le vie della città, non si respira + l’aria di festa, non ci sono più striscioni rossoblù, bandiere, non si cantano neppure i cori, uno che viene da fuori capisce già tutto. Una vergogna, un’umiliazione, un’amarezza uguale o maggiore a quella del 2003. In un’estate calda, lunga ed afosa nel nostro cuore c’è il gelo; la consapevolezza di quello che è stato e la speranza di quello che sarà. Arrivederci amore, Ciao! Chissà dove andrai adesso, e dove sarai domani, dove finiranno i tuoi colori, i ricordi, le suggestioni, le emozioni che mi hai sempre regalato. Ripensandoti, torno a rivivere tutti i momenti e le emozioni che mi hai trasmesso, tutte le canzoni, le estati, gli inverni e i chilometri percorsi, penso alle mie foto appese in camera, ai miei stendardi, ripiegati e messi in un angolo nell’attesa di ripartire x seguirti, l’orgoglio forte di stare al tuo fianco, di portare i miei e i tuoi ideali lontano da Cosenza e dalla Calabria. Arrivederci amore ciao! Andrò a guardare il tramonto, per cercare i colori rossoblù nel cielo. Continuerò a portare la sciarpa, ed essere onorato di averla al collo; ricorda: “you’ll never walk alone”, non sarai mai sola, perché tu sei unica, sei la mia fede e il mio grande amore, tu sei il Cosenza Calcio 1914.

Ultras senza Categoria!

Carlo Giardino

A UMBERTINO CARUSO
 

PROEMIO

”SOTTO IL CASTELLO AVEVI ESTIVO NIDO
AQUILA PER FAMIGLIA E PROFESSIONE,
BEN NAVIGANDO, IN QUESTO MONDO INFIDO,
DA GRAN SIGNORE, HAI SVOLTO ALTA MISSIONE”.

SI STATU FIGLICIELLU AFFEZIONATU,
ALLE TIMPE DU CASTIALLU, DU PIZZUNE
E MMO C’AVVERSU “FATU” T’HA FARCIATU,
SU SENZA LUCE U QUARTIERE E LLU PURTUNE.
ERE PRASSI L’ESTIVA PERMANENZA,
A CHISSA’ VIACCHIU, SULITARIU AIELLU,
C’HA PERDUTU I FIGLI, CCHI NDECENZA,
SDIVULATI DU NIDU DU CASTIALLU.
CUMU REMU HA ONORATU LU PAISIELLU,
SARBANDU CCU MESTIERE TANTA GENTE,
PUE SI PARTUTU, CUMU FA L’ACIELLU,
VULANDU MBERU CHILLU CONTINENTE,
NDUVE REGNE GIUSTIZIA ED EGUAGLIANZA,
”CASTA” UN ESISTE, MA SCALA MERITORIA,
NDO IE REGINA E MAMMA A FRATELLANZA, 
E SSU VIETATE DELINQUENZA E BORIA.
QUAND’IO PASSU DE SANTA MARIA,
O DU VIECCHIU SCASCIATU PURTUNE,
CUMU NENTE ME TRUAVU CCU TTIE.

 

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